Proattività: soft skill per il next normal

Secondo McKinsey proattività e resilienza sono le soft skill su cui puntare per il next normal, cioè quel futuro post pandemia che non vediamo l’ora di festeggiare. La proattività fa bene alla persona e all’organizzazione, perché consente alla prima di puntare sul proprio talento e alla seconda di affrontare il futuro per come sarà con una marcia in più. Esercitare la proattività, infatti, significa che le persone si sentono più responsabili e più coinvolte nel successo dell’organizzazione e non hanno più paura di portare il proprio contributo.

Cos’è la proattività

La proattività è la capacità di anticipare quello che verrà e di agire di conseguenza. Per questo, secondo McKinsey, è una delle competenze più importanti da acquisire nel next normal. La proattività, infatti, fa sì che ogni persona si senta consapevole del fatto che con le sue azioni e le sue scelte ha il potere di produrre un impatto positivo, nell’organizzazione e anche nella società. Per questo, le persone proattive sono anche dipendenti più responsabili e a cui sta più a cuore il successo dell’azienda. Essere consapevoli che possiamo portare un impatto positivo, ci rende abili ad agire, e non semplicemente a reagire, in ogni contesto. 

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Come diventare persone più proattive

Le persone infatti, di base, tendono a essere reattive. Quando cioè non ci sentiamo coinvolte o responsabili, tendiamo ad andare avanti aspettando che qualcosa accada: perché, potremmo chiederci, dovremmo cambiare qualcosa delle nostre prassi o della nostra cultura aziendale, se i numeri continuano a essere buoni?  L’esperienza della pandemia ce lo ha insegnato: a volte, reagire non è sufficiente. 

Le persone, e le organizzazioni, proattive scelgono di farsi guidare da ciò in cui credono e non aspettano che le cose accadono per realizzare i propri progetti e la propria vision. Sono consapevoli del fatto che, agendo preventivamente, secondo una valutazione del rischio volta alla sua prevenzione e mitigazione, possono influenzare l’esito di una qualsiasi condizione futura a loro vantaggio. Gli errori, gli insuccessi o i fallimenti,  diventano allora occasioni per mettere alla prova il proprio approccio proattivo e occasioni da cui trarre insegnamento. 

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Perché coltivare la proattività in azienda

Coltivare la proattività in azienda, allora, significa anche predisporre un piano per la prevenzione del rischio, che coinvolge attivamente le persone a tutti i livelli dell’organizzazione. Soprattutto quando le cose vanno bene e non c’è emergenza che spinge a trovare compromessi tra efficienza, efficacia e velocità. Di pari passo, un’analisi strategica della propria cultura aziendale, per comprendere come e quanto le persone si sentano titolate ad assumere atteggiamenti proattivi, prevedendo anche la possibilità di un reward a più livelli per chi ha portato innovazione nelle prassi o nella produzione. Molto spesso, infatti, le persone semplicemente scelgono di reagire perché sentono di non avere modo e spazio per fare diversamente; oppure, si sentono prive di strumenti adeguati e non sostenute dal team, dal management o dall’organizzazione stessa e così restano ferme, immobilizzate dallo stress di fallire.

È importante, invece, capire che la responsabilizzazione delle persone è chiave, per le organizzazioni che vogliono affrontare il next normal nel modo giusto. Tale condizione nasce dal fatto che, poiché si muovono verso una vision condivisa con l’organizzazione e utilizzando il proprio talento, le persone si sentono artefici dei successi conseguiti a livello individuale o di team. In altri termini, ci sentiamo responsabili, e dunque anche più coinvolte, perché siamo consapevoli di avere il potere di produrre un cambiamento di valore per l’organizzazione.

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