Intervista a Luciana De Laurentiis | 5 best practice per una comunicazione interna dalla pandemia e oltre: l’esperienza di Fastweb
La pandemia, il distanziamento sociale, il lavoro da remoto hanno messo a dura prova le nostre capacità relazionali, ma ci hanno anche consentito di migliorare e lavorare molto sulle nostre capacità comunicative. Persone e aziende hanno dovuto trovare nuovi modi per comunicare e per lavorare bene a distanza. Oggi, a un anno e mezzo di distanza dal primo lockdown, siamo nella coda lunga della pandemia e possiamo iniziare a tirare le somme di quello che è stato per fare un bilancio e per imparare anche qualcosa di utile per il futuro.
Delle sfide che la pandemia ha posto alla comunicazione interna, delle best practice adottate e degli insegnamenti utili, abbiamo parlato con Luciana De Laurentiis, Head of Corporate Culture & Inclusion di Fastweb, appassionata di parole e persone ed esperta di comunicazione, personal branding, comportamenti organizzativi efficaci con particolare attenzione all’evoluzione della comunicazione e dell’inclusività nelle relazioni professionali.
Comunicazione interna e pandemia: quali sfide?
All’affacciarsi dell’emergenza sanitaria, nel febbraio 2020 abbiamo subito avuto prova che la comunicazione interna avrebbe assunto un ruolo cruciale per la coesione e l’engagement della nostra organizzazione. La vera sfida che ci si è posta è stata che, nel giro di una settimana, hanno iniziato a lavorare da remoto più di 3000 persone. La necessità è diventata quella di dare informazioni chiare, tempestive e precise su chi fa cosa, su chi è coinvolto in quali decisioni, su come si sarebbero modificate alcune attività da remoto, su come agire internamente in base alle disposizioni, su cosa ci si aspetta da ciascuno, su cosa succede agli interlocutori, cosa dire a fornitori, clienti e così via.
La nostra priorità è stata quella allora di gestire frequenza, tempestività e chiarezza delle informazioni, al fine di dare a ciascuna di loro le informazioni necessarie per lavorare bene e in serenità. In secondo luogo, poiché la distanza acuisce il bisogno di confronto con altre funzioni, che nel lavoro in sede è spesso più frequente e facile anche grazie alla condivisione degli stessi ambienti. Nel lavoro da remoto la collaborazione è una scelta, va alimentata anche a livello culturale e di leading by example. La seconda priorità che ci siamo dati è stata allora quella di lavorare avendo come obiettivo il senso di appartenenza e la migliore modalità di collaborazione.
E quali opportunità?
La sperimentazione di nuove forme e livelli di condivisione. Agorà, la nostra Intranet, è stata di fatto vissuta come l’unica sede virtuale sempre aperta. Questo è stato reso possibile da un terreno fertile coltivato a lungo negli anni precedenti: sarebbe stato impossibile portate in remote working quasi 3000 persone se questa non fosse già un’attitudine di cultura aziendale. Al contrario di prima, quando si era abituati a usare questa social-intranet per condividere messaggi e feedback su strategie, progetti lavorativi ecc., durante la pandemia è cambiato il livello di condivisione. Colleghi e colleghe hanno iniziato a utilizzare Agorà per scambiare messaggi molto profondi e hanno iniziato a utilizzare anche altri strumenti, come la App del Feedback o le stesse email di risposta ai messaggi dell’AD: parole che mettevano a nudo paure, emozioni, senso di care, di coesione e di appartenenza.
A proposito di leading by example, è stato lo stesso AD, Alberto Calcagno, a stimolare vicinanza e partecipazione sponsorizzando una serie di iniziative denominate “In connessione con l’energia”, modalità e contenuti diversi per sviluppare coesione e sentirsi parte di un gruppo solidale. La capacità di disintermediazione nella comunicazione dell’AD è stata vincente solo perché genuina e fondata sulla convinzione che le organizzazioni sempre più si spostano verso forme gerarchiche meno verticali.
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In che modo le persone hanno affrontato il cambiamento?
Io credo che qualsiasi cambiamento funzioni solo se le persone sono parte attiva, non perché si dice loro cosa fare ma perché le si rende consapevoli, partecipi, coinvolte e considerate. Questo è il punto di partenza che ha guidato tutte le azioni di engagement che abbiamo portato avanti nei confronti della popolazione aziendale distribuita su tutto il territorio nazionale, distante, ma unita da un forte senso di appartenenza e dal desiderio di contribuire attivamente alla business continuity e allo sviluppo. Insomma, la comunicazione interna che diventa piattaforma di partecipazione, identificazione, strumento di circolazione di valori condivisi, stati d’animo, senso di comunità.