Un momento di confronto per HR director e business leader per esplorare il futuro del lavoro tra benessere come responsabilità culturale, leadership empatica e tecnologia che personalizza l’apprendimento. Ecco alcuni degli spunti emersi durante l’evento.
“Il futuro del lavoro non è un luogo in cui andremo, ma un ecosistema che costruiamo ogni giorno”, dice il saggista americano John Saar. Ed è proprio questo lo spirito che ha animato l’HR Innovation Circle 2025 – tenutosi a Milano il 6 novembre – in cui HR director e business leader si sono confrontati su come guidare organizzazioni sempre più ibride, data-driven e umane condividendo le strategie con cui lo stanno attivamente costruendo.
Dalle piattaforme di skill mapping all’integrazione tra AI e HR, passando per il wellbeing sistemico e il reverse mentoring, il fil rouge è la consapevolezza che, in particolare al giorno d’oggi, le competenze e le culture aziendali non si pianificano più dall’alto: si scoprono, si condividono e si rigenerano insieme.
In questo articolo condividiamo alcuni dei temi emersi di questa edizione dell’HR Innovation Circle, introdotta da Rudy Bandiera – che ci ha ricordato l’aforisma iniziale di questo articolo.
Skill mapping e apprendimento continuo: la rivoluzione del learning personalizzato
Ad aprire la giornata è stato il panel dal titolo “Skill Navigator: tracciare le competenze del futuro”, in cui si è provato a rispondere a diversi dubbi e interrogativi legati al mondo della formazione.
Tra questi: quali skill emergono in ruoli ibridi e modelli organizzativi agili, qual è il ruolo dell’HR nel favorire l’apprendimento continuo e cercare di capire come e quanto i dati possano orientare la formazione e la mobilità interna.
L’intelligenza artificiale al servizio della formazione
“Nel nuovo mondo del lavoro le competenze non si pianificano, si scoprono.” Con questa idea, Nicola Parrini, Vice President Group HR Talent Lifecycle and Vice President HR Global Marketing and Innovation di Essity, ha raccontato il progetto “Skill Navigator”, una piattaforma che utilizza l’Intelligenza Artificiale per leggere le job description, estrarre competenze e costruire mappe dinamiche di apprendimento.
L’AI non sostituisce la formazione: la rende personalizzabile. Ogni collaboratore e ogni collaboratrice visualizzano i propri gap, dialogano con il sistema e costruiscono un piano di sviluppo individuale che include corsi, mentoring e progetti di learning by doing.
“L’apprendimento deve essere personalizzato, sociale e concreto. Se le persone comprendono le competenze di cui hanno bisogno, imparano più velocemente e mantengono la loro rilevanza nel tempo”, ha ricordato Nicola Parrini.
Un modello che ribalta la logica paternalistica della formazione top-down: non è più l’HR a decidere cosa serve, ma la persona stessa, supportata dai dati.
L’intelligenza artificiale sta ridefinendo il ruolo dell’HR: leadership, sviluppo delle competenze e gestione delle persone richiedono nuovi strumenti e visioni. In questo webinar, con Giovanni Giamminola, esperto di AI e membro dell’Ente Nazionale per L’Intelligenza Artificiale, e Sara Panza, Speexx Business Coach, esperta in leadership e trasformazione, esploreremo strategie, ostacoli e opportunità per integrare l’AI nei processi HR, potenziare la formazione e guidare il cambiamento organizzativo.
Integrare hard e soft skill
Dalla visione di Parrini alla pratica quotidiana: Simona Introini, Global People and Organization di Sandoz, ha descritto un ecosistema formativo in cui assessment, pillole formative e comunità di pratica convivono.
La formula è semplice e potente: prima capire dove si è, poi scegliere se fare upskilling o reskilling.
In questo modo, l’apprendimento diventa un flusso continuo fatto di confronto, riflessione e condivisione tra colleghi e lascia la vecchia idea del corso frontale e una tantum.
Le nuove priorità delle HR
Durante il panel sono quindi emerse alcune convinzioni condivise:
- la leadership è un elemento chiave del processo formativo;
- la soft skill intelligence è ormai misurabile e deve avere indicatori chiari;
- la formazione deve essere agile, trasversale e accessibile.
Paolo Tolle, Senior Vice Presidente Human Resources di Costa Crociere, ha sintetizzato il cambiamento in tre parole: growth mindset, self empowerment e visione sistemica. Un approccio che trasforma l’errore in apprendimento e ridisegna i ruoli di leadership e coinvolge anche la struttura organizzativa, con la creazione di gruppi di lavoro trasversali e un modello operativo più agile
Nel percorso di evoluzione di Costa Crociere, ha ricordato l’HR, l’eccellenza operativa resta un valore fondante, ma oggi si intreccia con una visione più ampia, centrata sull’esperienza e sul valore del tempo vissuto a bordo. “Non è stato un semplice cambiamento, ma un’evoluzione culturale che ha dato flessibilità e nuovi risultati”.
Coaching, tecnologia e cultura del dato
La tecnologia può amplificare il valore umano, non sostituirlo, lo hanno ribadito i vari protagonisti dell’evento così come lo ha ricordato Laura Carta, Sales director di Speexx, che ha raccontato il modello della piattaforma Speexx che connette coach e partecipanti con un sistema di matchmaking intelligente.
L’obiettivo è duplice: mappare ciò che c’è e allenare ciò che conta.
Da un lato, quindi la tecnologia favorisce un match intelligente tra persone e coach, sostenendo percorsi individuali di sviluppo linguistico, comunicativo e di leadership, dall’altro, promuove work-life balance, engagement e culture skill-based che uniscono dati e sensibilità umana. Il tasso di efficacia dei programmi, secondo i dati aziendali, supera il 97%.
“Il punto non è scegliere tra tecnologia e umano: è personalizzare l’apprendimento e trasformare i dati in decisioni utili per persone e business”, ha precisato Laura Carta.
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Benessere organizzativo: dalla felicità individuale all’energia collettiva
Se il benessere delle persone è ormai una tematica “mainstream”, durante l’evento è emerso come innanzitutto debba essere visto come responsabilità culturale. Come ha sottolineato Ruggero Rabaglia, HR Director Region Italy di Barilla, non si parla più solo di benefit, pertanto “le aziende non devono garantire la felicità, ma possono evitare di ostacolarla”.
Il vero driver del benessere è la qualità delle relazioni, non solo il valore del buono pasto o della palestra aziendale.
La leadership empatica che normalizza la vulnerabilità
Teresa Ferro, People Director di Heineken Italia, ha portato sul palco dell’HR Innovation Circle un intervento toccante e profondamente umano: raccontando la propria esperienza di maternità inattesa, scoperta un mese dopo la sua separazione, ha mostrato quanto la leadership sia e debba essere anche la capacità di mostrarsi vulnerabili.
“Ho scoperto di aspettare mia figlia a 43 anni, da poco separata, e tra gioia e paura mi sono resa conto che la normalità della mia fragilità era il primo dono che potevo accettare. Questa consapevolezza mi ha guidata a prendere decisioni importanti, come trasferirmi in un contesto in cui la mia vulnerabilità fosse compresa e supportata, e a portare dentro l’azienda tematiche come genitorialità, salute e benessere, spesso trascurate, trasformandole in parte della cultura organizzativa.
Il lavoro non si esaurisce nei programmi o nei benefit, ma passa dalla leadership, dalla formazione dei manager e dall’ascolto quotidiano e dalla possibilità di creare un ambiente in cui la diversità e le fragilità vengono normalizzate e il carico emotivo e professionale di ciascuno può essere alleviato”.
Così come è successo a lei, le persone “hanno bisogno di sentirsi normali, non all’altezza”.
Dalle iniziative spot all’approccio sistemico
Valerio De Martino, Chief Human Resources Officer, General & Institutional Affairs di Yokohama Europe, ha invitato, invece, a superare l’approccio “wellbeing come evento”: “Possiamo fare le migliori attività di engagement, ma se i sistemi non funzionano, i programmi falliscono.”
Il benessere è quindi un sistema di processi, spazi e comportamenti e, senza una base organizzativa coerente, anche i progetti più ispirati rischiano di restare superficiali. Pertanto va bene puntare sulla comunicazione interna, ma bisogna dare spazio anche a un’ “ingegneria organizzativa”.
Ascoltare, includere, co-creare
Rosa Santamaria Maurizio, Chief People Officer di Gruppo Prada, ha raccontato l’esperienza di un ascolto diffuso all’interno della propria azienda in cui ogni anno sono le persone a segnalare le proprie priorità di benessere.
La sorpresa di questo modus operandi? Le richieste non sono economiche, ma esperienziali, tra queste il desiderio di coinvolgere le famiglie, di aprire gli spazi aziendali e vivere luoghi di lavoro più “aperti e luminosi”. Il wellbeing, ha ricordato l’HR, nasce così: da un ascolto autentico e il benessere, in questa prospettiva, diventa cultura partecipata.
Welfare e performance: una questione di equilibrio
Da Stefano Casati, CEO & Co-Founder di DoubleYou, è arrivata una visione più strategica: il welfare è un investimento se migliora la performance e la coesione. Budget e strumenti contano, ma ciò che fa la differenza è la capacità di trasferire valori aziendali nei servizi alle persone.
Generazioni in dialogo: la memoria che rigenera il futuro
Nel panel “Memorie future – il passaggio che rigenera ” il focus si è spostato sulla trasmissione generazionale delle competenze e Claudia Paoletti, managing partner di Kilpatrick Executive e moderatrice del panel, ha ricordato come la vera innovazione possa nascere dal dialogo tra chi ha vissuto molto e chi vuole cambiare tutto.
Reverse mentoring e apprendimento circolare
Questo può avvenire se si supera la cosiddetta stereotipizzazione, legata anche alla divisione “stantia” in generazioni. Anche perché “ogni generazione è un microcosmo sociale, con linguaggi propri. Dobbiamo imparare a osservare con curiosità, non come rischio”, come ha precisato Amelia Parente, Senior Corporate VP Human Resources Diasorin.
Il reverse mentoring diventa, quindi, un ponte bidirezionale dove senior e junior apprendono reciprocamente: i primi trasmettono esperienza, i secondi portano nuove prospettive.
Importante, in questo contesto, ricordare la generazione di mamme che rientrano al lavoro per le quali programmi di coaching post-maternità possono essere l’occasione per dimostrare maggiore empatia e per sviluppare anche una migliore coesione tra i team.
In quest’ottica, per esempio, è andata Artsana, la cui esperienza è stata condivisa sul palco dal Chief HR Office Alfonso Criscuolo.
Customizzazione e coerenza culturale
Alberto Signori, Chief People and Organizational Officer di Brembo, ha invece posto l’accento sul fatto che la diversità generazionale non può portare a un modello “à la carte” illimitato: serve un equilibrio tra personalizzazione e coerenza.
Le aziende globali devono tarare la propria employee value proposition sulle diverse culture, ma senza snaturare l’identità di fondo.
Attraverso esempi pratici e spunti di riflessione, esploreremo come costruire ambienti inclusivi e produttivi, capaci di valorizzare ogni età e favorire l’apprendimento. Un’occasione imperdibile per chi guida il cambiamento e vuole farlo con consapevolezza.
HR e intelligenza artificiale: quando il cervello è digitale ma il cuore resta umano
Nel panel “HR + AI: cervello digitale, cuore umano” si è invece affrontata la sfida più attuale: come usare l’Intelligenza Artificiale senza perdere l’intelligenza organizzativa.
Luca Solari, professore ordinario di Organizzazione e Risorse umane dell’Università degli Studi di Milano, ha rammentato un concetto importante che al giorno d’oggi sembra quasi dimenticato: non esiste una sola AI ma molteplici intelligenze: “Il compito delle HR è orchestrare queste intelligenze mantenendo al centro la fiducia.”
In questo, secondo Francesco Bianco, Chief Human Resources Officer di Angelini, ci sono 3 priorità:
- reskilling continuo per la sostenibilità del business;
- governance etica e privacy;
- cultura organizzativa capace di assorbire la tecnologia.
Idano Di Ciocco, head of organization di Pirelli, ha ripercorso la storia recente dell’AI, ricordando che l’attuale fase non è una rottura ma una maturazione di processi iniziati con il web e il cloud e che capirne logiche e limiti è la vera sfida.
Anche Gewiss e Fastweb+Vodafone hanno ribadito come l’AI sia un alleato nella gestione del cliente e del dipendente, se accompagnata da nuove competenze digitali e da una governance chiara. “L’AI non sostituisce la responsabilità umana: la amplifica.”
Un futuro non solo tecnologico, ma relazionale
Dall’HR Innovation Circle 2025 emerge quindi una certezza: il futuro delle risorse umane non è solo tecnologico, ma profondamente relazionale.
Il compito dell’HR oggi è connettere competenze, culture e generazioni in un ecosistema dove apprendimento, benessere e innovazione si alimentano reciprocamente.
Ed è proprio da qui che nasce la nuova civiltà del lavoro: quando qualcuno si ferma, ascolta e aiuta un altro a crescere.
Il “cervello digitale” serve a potenziare l’organizzazione; il “cuore umano” serve a mantenerla viva. Per costruire quel futuro che, come abbiamo detto all’inizio, non è un luogo cui tendere, ma qualcosa che si sta creando qui e adesso.