Gig Economy: le opportunità per persone e aziende

Secondo l’ultima Deloitte Global Millennial Survey, più del 80% dei Millennials e Gen Z intervistati hanno dichiarato di essere favorevoli a un gig job, preferendolo in più della metà dei casi al posto fisso. A sua volta, Randstad già all’inizio del 2020 aveva previsto che i gig worker avrebbero raggiunto il 43% della forza lavoro americana entro la fine dell’anno.

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Ma chi sono i gig worker?

Secondo Salesforce la categoria si estenderebbe dai rider ai lavoratori e lavoratrici freelance, artigiani e creativi, che si servono di piattaforme digitali per trovare clienti. Un’altra importante caratteristica di questa nuova forza lavoro è che, in particolare nell’ultimo anno, ha iniziato a essere ricercata dalle grandi imprese che hanno visto una grande opportunità di crescita e innovazione nella possibilità di acquisire talenti per tempi e obiettivi definiti. In questo articolo abbiamo cercato di introdurre una riflessione su quale potrebbe essere il ruolo del HR in questo scenario sempre più presente.

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Cos’è la gig economy e i suoi lati positivi per le aziende

Sempre Salesforce definisce la gig economy come ciò che rende possibile per le aziende acquisire un talento specifico per uno specifico periodo di tempo al fine di raggiungere uno specifico obiettivo. In altri termini, sarebbe la risposta digitale al problema numero uno per chi si occupa di HR. Di più, ciò che renderebbe possibile questo incontro fortunato sarebbero proprio gli strumenti digitali che Salesforce chiama “human cloud platforms”, cioè piattaforme che ospitano insiemi di persone altamente specializzate che rispondo solo a richieste specifiche. Come mette in luce la Dott.ssa Gemma Scalise dell’Università di Bergamo, in un articolo intitolato “Il futuro del lavoro nell’epoca digitale”, le conseguenze della cosiddetta ‘platform economy’ sulla qualità e sull’organizzazione del lavoro, sulla sua sicurezza e sul coordinamento e monitoraggio dei rapporti tra lavoratori e aziende, sono già in atto. Se volessimo vedere solo il lato positivo, potremmo dire che è proprio grazie a loro che il nostro lavoro di HR si sta spostando sempre di più verso la comprensione di competenze adiacenti a quelle hard, passando da un paradigma di performance management al performance development, che sposta l’attenzione dalla valutazione allo sviluppo delle capacità e competenze delle persone verso obiettivi condivisi.

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Gig economy, Covid e ‘Side Hustle’

Prima di arrivare alle sfide che questo tipo di acquisizione del talento comporta a chi si occupa di HR, è bene soffermarsi su un aspetto che è emerso durante l’ultimo anno. Una delle conseguenze della crisi economica dovuta alla pandemia Covid-19 è stata la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro e l’aumento della povertà. In particolare, secondo i dati della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, le più colpite sarebbero state le donne e i più giovani che avrebbero trovato nei gig job un modo per rientrare nel mercato del lavoro. Di storie come queste ne abbiamo sentite molte nelle ultime settimane, come quella, poi rivelatasi una bufala, del commercialista divenuto rider. Resta tuttavia vero che il ricorso a quelli che in inglese vengono chiamati side hustle, cioè quei progetti che abbiamo sempre tenuto come sogni nel cassetto e mai realizzato, ha portato diverse persone a uscire dalla crisi, attraverso l’acquisizione di abilità o competenze speciali e grazie proprio alla platform economy.

I limiti della Gig Economy

La necessità più urgente, mette in guardia la Dott.ssa Scalise nell’articolo per la Fondazione Feltrinelli,, appare allora anzitutto politica. In questi anni, da un lato si è esaltata la capacità delle piattaforme di creare fiducia e facilitare le interazioni, a vantaggio dei consumatori e dei gig worker, che trovano opportunità di lavoro in autonomia, indipendenza e libertà, a costi ridotti. Dall’altro, si sono diffuse visioni critiche che sottolineano i dilemmi normativi creati da tali modelli di business e, soprattutto, le condizioni contrattuali e lavorative legate alla gig economy. Sarebbe qui, secondo Scalise, che si sarebbe creata l’anomalia tutta italiana che ha finito per sovrapporre alla gig economy i soli rider ed escludendo dal dibattito tutti gli altri gig job. In ogni caso, sostiene Scalise, la gig economy e la platform economy interessano i  lavoratori e lavoratrici che, pur di lavorare, sacrificano importanti diritti – come la tutela in caso di malattia e infortunio, le ferie pagate, il diritto, salario minimo garantito e così via.

Le opportunità e le sfide della Gig Economy per gli HR

Secondo Forbes, questo accade perché il lavoro nella gig economy è sempre veloce, adattabile e disponibile. Questo ci dà la possibilità di introdurre nei nostri team gig worker altamente specializzati, in risposta alla necessità di acquisire talenti e competenze specifiche per un determinato obiettivo o lasso di tempo. E, al netto dei limiti normativi che mettono a rischio chi accetta di diventare gig worker, il ricorso a questo tipo di opportunità comporta diverse sfide per il team HR.

Al fine di cogliere il ricorso ai gig worker come un’opportunità di crescita e innovazione grande, chi si occupa di HR deve investire nella propria capacità di individuare le competenze necessarie da ricercare all’esterno dell’organizzazione e da chiamare ad hoc. Ciò implica inoltre che il contesto entro cui ci muoviamo è altamente competitivo: nelle fasi di recruiting potremo essere costretti a essere i più veloci e quelli con l’offerta più alta per attrarre il talento che abbiamo individuato.

Lavorare sulla brand reputation e sul posizionamento, su quelle stesse piattaforme su cui si muovono molti e molte gig worker, come LinkedIn, per esempio, diventa fondamentale per aumentare la propria competitività su un mercato la cui logica è opposta a quella che conosciamo: il recruiting diventa sempre più una negoziazione coni professionisti che abbiamo di fronte, nei cui confronti dobbiamo dimostrarci all’altezza di promesse e aspettative.

A cambiare è anche il nostro punto di vista sulle performance interne. Da una prospettiva annuale o semestrale si passa a uno sguardo che comprende, per quanto riguarda i gig worker, solamente la fine del progetto per cui è stata richiesta la loro expertise. È comprensibile che anche la leadership si trasformi in un rapporto continuativo dove feedback e obiettivi vengono ridiscussi regolarmente.

Infine, tocca sempre a noi accompagnare le persone verso questo cambiamento attraverso un mutamento della cultura aziendale che si fa sempre più comprensiva verso il nuovo e verso la diversità. Dobbiamo rendere i confini di appartenenza dei nostri team sempre più fluidi e aperti verso l’esterno; favorendo l’acquisizione di competenze, digitali, comunicative e relazionali.

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