Come essere davvero inclusivi sul lavoro

Il concetto di allyship non è ancora molto utilizzato in Italia per indicare il supporto attivo, l’alleanza, degli uomini nei confronti delle persone appartenenti ad altri generi (che è più probabile subiscano discriminazioni). Una solidarietà che si traduce in azioni concrete nella sfera sociale. Un manuale di istruzioni per come è possibile diventare “allies” di donne, disabili e persone appartenenti alla comunità LGBT+,  ancora non esiste; e forse non ne vorremmo neanche uno, dato che si tratta di un’attenzione diffusa e di una scelta ad agire e prendere posizione in più aspetti della vita comune, non facile da prendere perché richiede un grande lavoro di autoconsapevolezza, osservazione e presa di coscienza dei propri privilegi. 

Ci sono però degli accorgimenti, in particolare riguardanti il linguaggio o le relazioni, che è possibile attuare, in particolare nel mondo del lavoro e in tutte le sfere della vita sociale. Come sottolinea la linguista Manuela Manera, Non partiamo dal presupposto di essere al riparo da comportamenti sessisti: li agiamo e li subiamo. Allora, impariamo a usare le parole con cura e responsabilità, evitando stereotipi e discriminazioni: il rispetto passa anche dal linguaggio”. Quella che segue è una miniguida di 8 punti che abbiamo realizzato grazie ai contributi di Vera Gheno e Manuela Manera in una recente intervista su VanityFair e del neonato network internazionale WeMen2021, spin off di We Hate Pink, la community di professioniste e professionisti che ha come mission la decostruzione degli stereotipi di genere nel mondo del lavoro, tra Italia e UK.

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Non chiamarmi “signora”

Nel dubbio, opta per dottoressa. Anche se non sai se lo sono per davvero, non importa: lo si fa molto spesso quando ci si rivolge a un uomo, quindi non c’è motivo di non farlo nei confronti di una donna. 

Se ti suona strano…

Ribalta il genere usato nella comunicazione: se ti suona strana, vuol dire che nasconde un’impostazione sessista. Dice sempre Manara su VanityFair che come della professoressa Maria Colombo, vincitrice del Peter Lax Award 2021, abbiamo letto: “Maria, la regina dei numeri: scienziata e mamma di due bambini”, non sarebbe suonato strano “Mario, il re dei numeri: scienziato e papà di due bambini”? La prova di commutazione svela le asimmetrie di trattamento riservate ai due generi.

presentatrice parla al pubblico

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…e anche se ti fa strano

Questa strategia è utile non solo a livello linguistico, ma anche comportamentale. Quando ti ritrovi alla macchinetta del caffè, oppure negli ultimi due anni più facilmente in chat, e senti che qualcuno commenta “Com’è acida, ha le sue cose” prova a chiederti, e a chiedere alla persona con cui stai interloquendo, se attribuirebbe la personalità di un uomo allo stato dei suoi ormoni. Se la risposta è no, quel commento è sessista. E può essere dunque evitato.

Usate i femminili professionali

Che esistono e non suonano male, semplicemente, potrebbe essere che siamo poco abituati a usarli. Abituarsi a chiamare con il loro nome professionale al femminile le professioniste che incontri, la consulente, la direttrice, l’amministratrice delegata, l’avvocata e così via, è un modo per far entrare nella normalità non solo questi suoni, ma anche la possibilità per le donne di accedere veramente a tutte le professioni. Può succedere che la donna poi dica di preferire essere chiamata al maschile; in tal caso, ci si può adeguare alla richiesta, per gentilezza; ma anche solo questa inversione di abitudini può aiutare le persone a fare l’orecchio ai femminili professionali (ingegnera, medica, grafica) e a percepirli sempre più come normali.

 Attenzione agli stereotipi di genere

Gli stereotipi, soprattutto quelli inconsci inducono talvolta  a mettere in atto comportamenti sessisti. Dunque, presta attenzione a non associare in modo automatico un argomento a un solo genere; per esempio, l’ambito della cura e delle relazioni familiari riguarda tutte e tutti, così come l’esperienza della genitorialità non è solo femminile e la passione per lo sport o l’interesse verso le scienze non appartengono solo agli uomini.

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I complimenti non sono sempre graditi

Se non si ha un assodato rapporto di amicizia con una collega, è bene evitare di farle complimenti o considerazioni sul suo aspetto, sui vestiti, sulla pettinatura. Se siete insieme per lavorare, osservazioni di questo tipo sono fuori luogo. Del resto, le faresti mai a un uomo? “Piacere di conoscerla, dottor Rossi. Ma che bei capelli ha stamattina!”, sottolineano Manera e Gheno. Un buon modo per capire se un dato comportamento è molesto o fastidioso è quello di invertire le parti e immaginarsi di dire o fare le stesse cose a un uomo.

Usare il maschile quando si parla al plurale, non è inclusivo

Da quando le donne hanno iniziato a vivere la scena pubblica in modo attivo ( il che accadeva ben più di  due secoli fa), il genere maschile a livello linguistico non ha più valore universale, perché non sono più solo gli uomini ad abitare gli spazi sociali. Il maschile non è nemmeno un neutro: è interpretato come generico e inclusivo di entrambi i generi, ma contribuisce così a generare delle ambiguità. Dire “Buongiorno a tutti” in un gruppo di donne dove l’unico uomo è colui che saluta, ha, come minimo, un impatto negativo sull’autostima della donna e ribadisce che è l’uomo ad avere un ruolo da protagonista. Nomina anche le donne o ricorri a formule neutre: “Benvenuti e benvenute” oppure “Vi do il benvenuto”.

Presta il tuo palco

Spesso gli uomini non si rendono conto di occupare posizioni privilegiate, rispetto agli altri generi. Ottengono promozioni più facilmente sono pagati di più ed è più probabile che, durante un meeting per esempio, venga richiesto maggiormente il loro parere. Un modo in cui dimostrare allyship, allora, può essere quello di prestare il palco, cioè di condividere il proprio spot di attenzione anche con le colleghe o colleghi a cui, di solito, non è concessa tutta quella visibilità. “Vorrei sentire anche il parere di…”, è un ottimo modo, per esempio, per dare voce anche a chi, di solito, non ne ha

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