L’evoluzione dei corsi di lingua | The evolution of language training

L’insegnamento dell’inglese ha subito nel corso del tempo diverse evoluzioni. Con questo articolo ripercorriamo alcune delle metodologie utilizzate in passato che hanno portato all’insegnamento della lingua odierno, tenendo conto che l’insegnamento delle lingue straniere ha una storia lunga qualche secolo. Per non farla troppo lunga però, partiamo dal XVII secolo e dalle teorie promulgate da Johannes Comenius, uno studioso di origine ceca che provò a teorizzare l’insegnamento delle lingue. Comenius si concentrò prevalentemente sull’apprendimento nell’infanzia e sosteneva che i bambini imparano per associazione con il mondo circostante e l’osservazione dello stesso introducendo il concetto di insegnamento induttivo, per cui il ruolo di chi insegna è quello di far usare la lingua piuttosto che insegnare regole grammaticali.

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Successivamente, si impose un’altra scuola di pensiero, il metodo Grammar-Translation, con un’enfasi sulla traduzione dei classici in lingua madre che raramente offriva la contestualizzazione del testo.

Il metodo Grammar-Translation era estremamente popolare nel 1800 e nel 1900 e si basava sull’apprendimento mnemonico delle regole grammaticali e delle parole. Le lingue straniere venivano insegnate nella lingua madre degli studenti impedendo però agli stessi studenti di capire in quali contesti quelle parole e regole avrebbero dovuto essere applicate. Questo è un grande ostacolo per l’apprendimento delle lingue, poiché l’apprendimento mnemonico si basa esclusivamente sulla capacità degli studenti di ricordare le cose e non si concentra sulla loro capacità di elaborare le informazioni che ricevono. Inoltre, questo metodo impedisce la partecipazione attiva. Questo metodo va contro tutte le principali teorie e ipotesi che sono state formulate da ricercatori e linguisti moderni. In effetti, l’approccio attuale è quello di promuovere la capacità degli studenti di apprendere da situazioni altamente contestualizzate, che possono aiutare gli studenti a capire come possono usare la loro lingua target (come l’inglese) in contesti reali e pratici. Il metodo Grammar-Translation inoltre non consente discussioni di gruppo o confronti tra studenti ma solo con il docente, che deve seguire rigide linee guida oltre che un approccio teorico piuttosto rigoroso. Questo approccio potrebbe essere efficace a breve termine poiché gli studenti possono imparare molte nuove regole e parole in un periodo di tempo limitato, ma è impraticabile a lungo termine in quanto potrebbe inavvertitamente promuovere una predisposizione all’oblio e il distacco dalle situazioni della vita reale. L’apprendimento di rigide regole grammaticali ed elenchi di parole potrebbe persino impedire agli studenti di comprendere altri interlocutori ogni volta che sentono o leggono costruzioni grammaticali diverse o parole diverse, a causa dell’incapacità degli studenti di pensare alle lingue come costrutti flessibili.

In opposizione a quanto descritto precedentemente, in alcune scuole in cui il metodo diretto è l’unica forma di insegnamento, agli studenti non è permesso parlare nella loro prima lingua. Come potrebbe questa pratica ostacolare l’insegnamento della lingua?

Quando agli studenti non è mai permesso parlare nella loro prima lingua, il ruolo del docente diventa cruciale. Quando le traduzioni non sono consentite, gli insegnanti dovrebbero trovare modi per spiegare parole e concetti grammaticali con esempi semplici, fornendo contesti diversi per aiutare gli studenti a immaginare l’uso appropriato di quelle parole e regole. Ciò potrebbe essere particolarmente rilevante con gli studenti che parlano lingue molto diverse dall’inglese come l’arabo, il cinese, il giapponese e molte altre. Gli studenti tedeschi, francesi o svedesi, ad esempio, potrebbero trovare parole inglesi simili a determinate parole nelle loro lingue, poiché le lingue europee hanno radici comuni e parole e modi di dire presi in prestito l’uno dall’altro. Tuttavia, ciò non si applica a molte altre lingue e l’incapacità degli studenti di confrontare il vocabolario e la grammatica con le rispettive lingue potrebbe comportare percorsi di apprendimento più lunghi e la possibilità di lasciare gli studenti senza una comprensione completa di parole complesse, come omofoni e omografi, o costruzioni grammaticali peculiari della lingua inglese come il genitivo sassone o i tempi perfetti.

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Proseguendo nella nostra evoluzione, arriviamo negli anni ’50, quando il metodo dell’Audiolingualism nacque in reazione al metodo del Grammar Translation. Questo metodo è basato sulle teorie psicologiche del Behaviourism che applicato all’insegnamento di una nuova lingua si traduce nel creare delle nuove abitudini che riescano a far distaccare lo studente dalle abitudini pregresse sviluppate utilizzando la propria lingua natale. Il problema di questo metodo sta nella ripetizione forzata di stimoli indotti dal docente, che non sempre rispondono a vere e proprie esigenze nel contesto di tutti i giorni.

Lo scontento per questi metodi poco contestualizzabili iniziò a farsi più forte a partire dagli anni ‘60 e ‘70, sfociando nel Communicative Language Teaching, uno dei metodi ancora oggi più in uso.

Secondo diverse teorie, il Communicative Language Teaching è responsabile dello sviluppo del Task-Based Language Teaching (TBLT), ovvero la risoluzione di compiti pratici nella lingua target dello studente, che quindi non viene valutato semplicemente sulle sue capacità linguistiche ma anche sulle sue capacità di risoluzione dei problemi.

Da questi movimenti nacquero poi diverse filosofie che portano oggi lo studente ad essere il vero centro dell’attenzione, mentre il docente assume un ruolo di facilitatore e di modello di riferimento, senza imposizioni o coercizioni di ogni sorta. Oggi si da molta importanza all’approccio pratico, e soprattutto, cosa che facciamo anche noi di Speexx, caliamo lo studente in situazioni di vita reale, che possano quindi stimolare un interesse genuino e pratico verso l’apprendimento delle lingue.

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