Consigli per il tuo personal branding

Si dice che Jeff Bezos abbia detto che il personal branding è ciò che le persone dicono di te quando non sei nella stanza. Che l’abbia detto davvero lui o meno, è poco rilevante; ciò che importa è che questa frase fa ormai parte del suo personal branding. In questo articolo abbiamo raccolto spunti e consigli utili per capire cosa significa fare un personal branding efficace; cosa assolutamente non è personal branding; perché è importante avere un buon personal branding; e, infine, come fare per farlo bene, soprattutto perché anche le imprese hanno solo da guadagnarci.

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Cos’è il personal branding

Secondo Luigi Centenaro primo Personal Branding Strategist italiano, scrittore e docente universitario, fare personal branding significa gestire in maniera strategica la propria identità professionale. In termini di racconto, di immagine e di network. In termini più concreti, significa individuare e comunicare in maniera efficace perché facciamo quello che facciamo, cosa sappiamo fare, come lo sappiamo fare e, soprattutto, perché qualcuno dovrebbero sceglierci per farlo. L’obiettivo del personal branding, sostiene sempre Centenaro, è quello di diventare un punto di riferimento nel proprio settore, mercato, territorio, azienda o team di lavoro. Un po’ come Jeff Bezos che è, tra le tante altre cose, anche “quello che ha detto quella bella frase sul personal branding”.

Cosa non è il personal branding

Contrariamente a quanto si pensa, il personal branding non è vendere se stesse o se stessi. Dato che il suo obiettivo, come abbiamo appena visto, è quello di farci diventare un punto di riferimento all’interno del nostro network, non è niente di più lontano dalla vendita: serve infatti ad attrarre opportunità in linea con quello che sappiamo fare meglio. Si inserisce, dunque, in una fase completamente diversa del processo di acquisto, che è quella antecedente al consumo, ancora precedente all’insorgere della consapevolezza di un nuovo bisogno. L’obiettivo del personal branding è di dare la risposta alle persone ancor prima che si siano poste la domanda. 

Il personal branding, dunque, non riguarda nemmeno l’elenco degli eventi a cui andiamo parlare e dei successi che abbiamo ottenuto. O, almeno, non fine a se stessi. Come sottolinea Silvia Zanella, che con Centenaro ha scritto il libro Personal Branding per l’azienda, tre sono i pillar di un personal branding efficace: identità, cioè il nostro valore, quel fil rouge di coerenza, un approccio, un’attitudine, una competenza che abbiamo usato dappertutto e rende unico il nostro contributo; il contenuto che vogliamo comunicare, che può essere qualcosa di tecnico legato alla nostra professionalità oppure la nostra partecipazione a un evento, ma solo se è rilevante per chi ci ascolta; e, appunto, il pubblico a cui lo vogliamo dire e che è la persona, l’azienda, il network, con cui ci stiamo relazionando.

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Come fare un buon personal branding

Per rendere efficace il nostro personal branding, dobbiamo quindi avere un messaggio da condividere, che sia coerente con la nostra identità e rilevante per il nostro pubblico, e conoscere le persone che formano tale pubblico. Una volta compresi questi tre pilastri, possiamo utilizzare diversi strumenti per costruire e implementare la nostra strategia. Un primo strumento, sviluppato da Centenaro è il Personal Branding Canvas, uno strumento gratuito che guida all’analisi e al disegno strategico del proprio personal branding.

Un altro strumento, forse il più nominato quando si parla di questo tema, è Linkedin. In una recente intervista, Silvia Zanella ha sottolineato che: “LinkedIn non è solo un CV pubblicato su internet, ma è prima di tutto un ecosistema, perché ci consente di arricchire la nostra storia con contenuti, interventi e informazioni utili, ed entrare in contatto con persone che sono a loro volta contatti di persone che sono fuori dalla nostra bolla”. Visto da questo punto di vista, LinkedIn e i social network in generale, sono strumenti per generare opportunità. E, dato che i social fanno parte del processo di selezione di qualsiasi azienda, è bene abitarli con consapevolezza e contenuti coerenti. Sarebbe ingenuo, e alla lunga dannoso, pensare che il personal branding passi oggi solo da LinkedIn e non da Instagram, Facebook, TikTok, Zoom e dalla macchinetta del caffè quando torneremo in ufficio. 

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Anche le aziende hanno bisogno del personal branding

Del nostro, per l’esattezza. Come spiegano Centenaro e Zanella nel loro testo, applicare il personal branding nell’ambito della strategia aziendale attraverso la valorizzazione delle persone, con le loro competenze e conoscenze, contribuisce a determinare il successo dell’azienda. Il personal branding delle persone che lavorano per la nostra organizzazione, infatti, ha un effetto importante sulla reputazione aziendale e sul suo capitale sociale. Per questo, è importante che, almeno per quanto riguarda le figure più in vista dei board aziendali, il personal branding mantenga un filo comune con lo storytelling aziendale. In questo senso, il personal branding di CEO e altri quadri, è un vero e proprio strumento di marketing. Il lato più positivo di tale approccio è che si genera un circolo virtuoso tra la strategia professionale del lavoratore e della lavoratrice e l’azienda, in termini di capitale sociale e reputation, che può aggiungere valore tanto al singolo individuo quanto all’intera organizzazione. 

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