Potete amare il vostro lavoro quanto volete ma spesso lui non vi ricambierà. Per qualcuno il lavoro è tutta la vita, per qualcun altro si inizia a vivere solo quando si esce dall’ufficio. Esiste però anche la possibilità di una mezza misura, per cui si svolge la propria attività lavorativa con impegno e dedizione ma si ha la consapevolezza di tutto ciò che conta al di fuori del lavoro.

Tra Grandi Dimissioni, Quiet Quitting ecc… i lavoratori sembrano essere sempre più convinti dell’importanza del work-life balance.

Nessun datore di lavoro dovrebbe mai cambiare il valore di qualcuno o togliergli la sua autostima. E perdere il lavoro, sì potrebbe essere una sconfitta, ma non più una sorpresa. Anzi, in un mercato in continua evoluzione, cambiare lavoro non solo è un’opportunità ma qualcosa da normalizzare.

Vediamo perché in questo articolo.

Sommario

Che cosa continuano a dirci i grandi licenziamenti della Silicon Valley

Nel 2025 i grandi licenziamenti della Silicon Valley continuano a esserci, anzi sono diventati per così dire un “promemoria strutturale”. La frase di Mark Zuckerberg del 2022 (“ci avete messo anima e corpo”) resta attuale perché oggi molte aziende tagliano non solo quando vanno male, ma anche quando riallocano risorse verso l’AI, semplificano livelli, cambiano strategia.

E i numeri non raccontano un’eccezione: si continuano a registrare decine di migliaia di tagli anche nel 2024 e nel 2025. Pertanto, puoi dare tantissimo al lavoro, ma l’azienda non ti “amerà” per definizione. Ti assumerà, ti premierà, ti sposterà, e se cambiano le priorità potrà lasciarti andare.

La stabilità, oggi, non è un marchio: è la capacità di restare occupabile mentre il mercato cambia.

La retorica del “qui puoi fare il miglior lavoro del mondo”

I licenziamenti nella Silicon Valley arrivano dopo una tendenza che per anni ha invitato a “vivere e respirare” il proprio lavoro e a renderlo parte della propria identità. Le aziende tecnologiche hanno pubblicizzato le loro pareti da arrampicata, i servizi di lavanderia e gli chef esclusivi per dimostrare la generosità del management.

Secondo Simone Stolzoff, divulgatore di temi HR, “C’è stata una retorica del lavoro costruita dalle aziende per cui i dipendenti avrebbero potuto fare il miglior lavoro della loro vita, avrebbero potuto cambiare il mondo”.

Ma ora questa musica può cambiare, il lavoro è uno dei tanti luoghi in cui cercare un significato nella propria vita.

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Grandi dimissioni e quiet quitting sotto la lente della crescita continua

Nel 2025 la narrazione delle Grandi Dimissioni si è fatta più ambivalente: i numeri raccontano un mercato del lavoro meno “euforico” rispetto al picco post-pandemico, con un calo della propensione a cambiare azienda, ma non un ritorno automatico alla fedeltà.

In questo scenario, il quiet quitting non è sparito, si è normalizzato dentro la parola più concreta che usano gli analisti: engagement. Gallup lo definisce senza giri di parole: “Not engaged employees are quietly quitting”, cioè persone presenti ma psicologicamente scollegate dal lavoro.

E se l’energia cala, non è solo una questione individuale: il calo più marcato riguarda i manager, schiacciati tra riorganizzazioni, nuove aspettative e l’impatto dell’AI.

Il punto, quindi, non è invitare le persone a “fidarsi meno” delle aziende, ma a spostare la fiducia su qualcosa di più stabile: la propria occupabilità.

Come ricorda il World Economic Forum, mentre AI e big data guidano la crescita delle competenze tecniche, aumentano anche competenze umane come resilienza, flessibilità e “curiosity and lifelong learning”. E la conseguenza è pratica: aggiornare il curriculum, coltivare relazioni professionali e imparare in modo continuo non è pessimismo, è manutenzione ordinaria della carriera.

Anche LinkedIn, nel Workplace Learning Report 2025, lo lega direttamente alla retention: “Career progress is people’s N. 1 motivation to learn”. La ragione principale per cui molti fanno formazione non è tanto “amore per lo studio” o per un obbligo aziendale, ma per  avanzare professionalmente: ottenere un ruolo migliore, nuove responsabilità, una promozione, oppure aumentare la propria spendibilità sul mercato del lavoro.

Per questo, perdere il lavoro può essere sì estremamente destabilizzante, ma non dovrebbe essere un “mistero”: in un mercato che cambia per cicli di riorganizzazione e automazione, la sorpresa più grande è – forse – smettere di crescere.

Ecco perché investire su formazione e coaching è fondamentale per tutti, in ogni momento della propria vita, non solo lavorativa.

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Nessun datore di lavoro ti toglierà mai la tua autostima

Un’azienda è sempre un’azienda, anche se si dice che le persone sono al primo posto, e magari lo sono davvero. Ma fino a che rientrano nell’ecosistema. Ecco perché avere una mentalità per cui si guarda al lavoro anche in un’ottica “commerciale”, per cui il lavoro è qualcosa che si fa in cambio di una retribuzione, può aiutare a mettere le cose in prospettiva, così come trovare un significato al di fuori del lavoro.

Bisognerebbe quindi cercare di vedere la situazione in cui si perde il lavoro come un’opportunità, mentre cercate altri lavori, per investire anche in altre fonti di identità e autostima che nessun datore di lavoro o mercato del lavoro dovrebbe avere il potere di toglierci.

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