Le differenze sono la nostra ricchezza | Differences are what make us rich

Sapevi che in inglese molte parole che finisco in ism indicano qualcosa di negativo? Racism, terrorism, abolitionism, colonialism, sexism sono solo alcuni esempi. Non fa eccezione neppure la parola ageism, ma che cos’è esattamente?

Il termine ageismo è stato coniato nel 1969 da Robert Neil Butler, medico geriatria e psichiatra americano, e secondo la definizione della WHO (World Health Organization), l’ageism si riferisce agli stereotipi, pregiudizi e discriminazioni che attuiamo nei confronti di altri individui sulla base della loro età.

Per non soffermarci solamente su questa descrizione da manuale, vogliamo trattare di questo tema in maniera pratica e cercare di fornirti degli spunti di riflessione sul perché l’ageismo è una pratica odiosa e divisiva, e che, volente o nolente, tutti abbiamo praticato almeno una volta nella vita.

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“Stereoaging” | Stop stereotyping people based on their age

Non troverete la parola “stereoaging” sul dizionario, ma pensiamo che renda bene il concetto che si cela dietro lo stereotipare le persone in base alla loro età.

Secondo questo principio, un ragazzo di 18 anni sarà buono solo a smanettare sul proprio smartphone, mentre una donna sui 35 dovrà sicuramente essere sposata e con prole al seguito. E un uomo di 50 anni? Avrà sicuramente comprato l’ultima fuori serie in preda ad una crisi di mezz’età, fortuna che non ha ancora “cambiato” la moglie con il modello più giovane. Una donna di 70 anni dovrebbe fare a maglia sulla poltrona di casa invece che uscire o vedersi con le amiche. E un uomo di 85 anni cosa dovrebbe fare? Aspettare la sua ora?

Che orrore! Eppure, non diteci che non ci avete pensato anche voi almeno una volta…

giovane e anziano che si confrontano sul posto di lavoro

E a proposito di questi stereotipi, ecco alcuni esempi di frasi che (in qualsiasi lingua) andrebbero abolite:

1) You’re too young to think about that…

2) You’re still very good at [driving, dancing, doing sport, etc.] at your age!

3) You’re too old for that!

4) You look good for your age!

5) Hey, since you are young, you must be very good with social media.

Senza scendere a compromessi con il politically-correct, riteniamo che certi commenti si possano proprio evitare. Sogni, aspirazioni e desideri privati o professionali non dovrebbero avere un’età, e men che meno una data di scadenza. Che sia tua figlia diciassettenne o una tua conoscente sulla quarantina a esprimere il desiderio di cambiare la propria vita, dovremmo comunque e sempre renderci disponibili ad essere d’ascolto e di supporto, senza pregiudizi. Alla fine, che ci costa?

Ah, non dimenticare… tuo nipote, solo perché è giovane e ha uno smartphone, non è il nuovo Mark Zuckerberg!!!

persona anziana disperata

Stop lying about your age

Sì, hai letto bene. Fatte le premesse di cui sopra, possiamo proprio dire che mentire sulla tua età non è cool. Se hai compiuto ripetutamente 39 anni negli ultimi 10, è ora di smetterla. Ed è anche ora di smetterla di percepire l’avanzamento dell’età come qualcosa di negativo. Certamente non pensi la stessa cosa di quella bottiglia di vino che custodisci gelosamente per un momento speciale o di quel meraviglioso appartamento in stile Liberty che vorresti acquistare in centro città. Se ci fai caso, molte volte, l’età è proprio ciò che dà valore alle cose e perché no, anche un certo prestigio.

È vero che viviamo in una società dove spesso ci sentiamo tagliati fuori, dalle mode, dal mondo del lavoro, dall’uso di un certo linguaggio (e in questo senso, l’utilizzo smodato dell’inglese non aiuta), ma non per questo dobbiamo sentirci in difetto o in imbarazzo a dichiarare gli anni che abbiamo. E attenzione, non dobbiamo farlo né con il timore di sentirci troppo giovani né con quello di sentirci troppo vecchi. Questo atteggiamento, infatti, ha un solo grande risultato: quello di farci sentire, sempre e comunque, dei disadattati.

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In tutto questo, c’è una cosa che possiamo fare, ed è cercare di conoscerci e capirci un po’ di più. Una dialettica che mal tolleriamo ultimamente è quella della contrapposizione tra generazioni. Lo scontro generazionale è sempre esistito e qualche volta ha anche contribuito a cambiare le sorti del mondo. Al giorno d’oggi però, quello di cui non abbiamo bisogno sono ulteriori divisioni sul piano sociale, politico e comunicativo. Frasi ormai diventate “cult” come “OK, Boomer” e “i Millennial sono dei fannulloni” non dovrebbero essere parte del nostro linguaggio perché dimostrano solamente la volontà di categorizzarci.

Che tu sia un Millennial, un Boomer, o un “esponente” della Generazione Z, chiediti sempre che cosa puoi fare per farti capire. Come possiamo comunicare gli uni con gli altri e trovare un equilibrio nel nostro modo di comunicare? Generazioni diverse hanno vissuto momenti diversi. Abbiamo forse anche imparato lezioni diverse, ma questo non deve precluderci la possibilità di impararne delle altre.

Nel mondo del lavoro, così come nella vita di tutti i giorni, saremo sempre più esposti a differenze di vario genere. Imparare a coltivare queste differenze sarà la discriminante tra chi avrà successo e chi soccomberà sotto il peso delle proprio monolitiche convinzioni.

Da che parte vuoi stare?

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