Dall’altra parte del tavolo | On the other side of the fence
Cari candidati, è giunto il momento di svelarvi un segreto. Se pensavate di essere i soli a gestire quello stato di agitazione fatto di crampi allo stomaco (con annessi gorgoglii ad intensità variabile), tremori incontrollati e mani sudate prima di un colloquio, avete preso un abbaglio.
Eh già, non siete solo voi a dovervi esporre. Spesso, infatti, anche i tanto temuti HR hanno a che ha fare con l’ansia da prestazione. Perché dite voi? Beh, la riposta è abbastanza semplice. Come vi sentireste a dover incontrare dei perfetti sconosciuti e dovergli per giunta fare un interrogatorio degno del KGB? Non solo, dovranno anche valutare le vostre competenze, il vostro linguaggio del corpo, pesare le vostre parole ed eventualmente decantare le vostre qualità a manager e superiori. Insomma, non proprio una passeggiata. In sostanza, se davvero ci pensate, ad avere il coltello dalla parte del manico potreste essere voi.
Oltre a questo, quando sarete stati finalmente assunti nella vostra nuova posizione, vi rivolgerete ai vostri HR di riferimento per ogni tipo di problema. Moltiplicate il tutto per il numero di dipendenti della vostra azienda e avrete una situazione potenzialmente esplosiva. Le lamentele saranno le più disparate: dai numeri che non quadrano in busta paga all’ impossibilità di prendere giorni di ferie per il tanto agognato ponte (P.S.: in inglese non provateci nemmeno a chiamarlo “bridge” … si dice long weekend!), per non parlare di annessi e connessi a figli, partners, zii e nipoti e beghe tra colleghi di varia natura che con il lavoro c’entrano poco o nulla. I nostri beniamini HR sono a tutti gli effetti psicologi, life coach, guru e mamme (per tutti quelli che non hanno ancora superato il distacco dal nido domestico) … Ma voi davvero vorreste fare questo lavoro?
Ed è con questo quesito che vorremmo introdurre i lati che ancora non conosci di questo ruolo sospeso tra paradiso e inferno, con il decalogo del perfetto HR…
1. Fornire i giusti strumenti
Vi è mai capitato di dover lavorare con il vostro computer personale, di non avere nemmeno una SIM per fare le chiamate che l’azienda vi impone di fare e dover usare un tavolino IKEA come scrivania? Se la risposta è sì, per prima cosa, licenziatevi.
Se la risposta è no, ci sono buone chance che il dipartimento HR dell’azienda per cui lavorate sia consapevole che gli strumenti di lavoro devono essere adeguati alle nostre esigenze, specialmente in una fase come quella attuale dove siamo costretti a lavorare da ogni dove per i vincoli dello smart working. Computer, telefono, webcam e un paio di cuffie dovrebbero essere parte del minimum required kit che si rispetti.
2. Il work-life balance, questo sconosciuto
Lavorate 52 ore a settimana, anche il sabato e la domenica, ma il vostro contratto è part-time? Forse non avete letto tra le clausole contrattuali che lo schiavismo fa parte dello statuto aziendale o più probabilmente, nella vostra azienda, non esiste una cultura lavorativa che crede nella realizzazione della propria vita privata per promuovere benessere e performance sul luogo di lavoro. Niente di più sbagliato. Un buon HR saprà consigliarvi quando è il momento di fare una pausa, di prendere quei tanto agognati giorni di permesso per una gita fuori porta o per portare i vostri figli a scuola… o quantomeno consigliarvi un buon fondotinta per coprire quelle occhiaie spaventose…
3. Anche l’occhio vuole la sua parte
Il vostro ufficio sembra uscito dalla serie sugli eventi del disastro di Chernobyl? Cumuli di polvere vagano per i corridoi come le tumbleweeds dei Film Western? Non ci siamo…
La psicologia dei luoghi di lavoro passa anche per l’estetica. Non servirà chiamare Renzo Piano o Fuksas per dare una rinfrescata all’ufficio ma basterà la consapevolezza che un luogo di lavoro accogliente, luminoso e pulito può essere il catalizzatore per spendere più volentieri le proprie giornate sul posto di lavoro. Perché sì, caro HR, devi anche essere un po’ interior designer…
4. Riconoscere il valore delle persone
L’ultima volta che avete ricevuto un “premio” era un panettone del discount nel Natale del ’95? Ah, era pure ammuffito? Ogni azienda degna di questo nome sa come riconoscere il valore dei propri dipendenti. Non servono né regali né oggetti costosi, a volte bastano le parole, un complimento o un’e-mail per ringraziare del lavoro svolto.
5. Chi siamo? Da dove veniamo…?
No, non è una domanda esistenziale, almeno in questo caso, ma crediamo fermamente nel valore di riconoscersi nella cultura della propria azienda. Per fare questo è bene che questa cultura venga promossa e chi meglio dei nostri HR potranno trasmetterci sentimenti come l’orgoglio e l’appartenenza?