Leadership inclusiva: un fiore sempre aperto

Leadership inclusiva e diversity management. Sono la stessa cosa? Guardano il mondo dalla stessa prospettiva? Usano le stesse lenti? In realtà l’una, la leadership inclusiva, contiene l’altro, il diversity management. Proviamo a capire meglio. La leadership inclusiva postula un approccio, fondato sull’antropologia relazionale, che guarda l’Altro come fonte di riconoscimento di se stessi. Insomma, iniziamo a esistere solo quando incontriamo chi ci sta di fronte. Una convinzione, eticamente fondata, che ci consente di dialogare con una pluralità di istanze e bisogni.
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In questa prospettiva, dunque, il leader inclusivo che è accogliente per struttura, non diffida della diversità, qualunque essa sia. Piuttosto considera la diversità – stiamo entrando ora nel territorio del diversity management – occasione per costruire vantaggi competitivi, rendendola dunque funzionale al raggiungimento di migliori performance. La leadership inclusiva insomma è un prius rispetto alle pratiche di diversity management perché ne costituisce il fondamento, le contiene e coltiva per fornire loro autenticità, ma non si esaurisce in esse. Perché il diversity management può ridursi a sola pratica utilitaristica, confinata nel mondo dei mezzi, e non interessata invece al fine che è la persona-che-lavora. La leadership inclusiva, che vive dentro le relazioni e ai cambiamenti propri di ogni epoca, accoglie così le emergenze (fragilità) che si fanno avanti per segnalare nuove esigenze d’inclusione che aspettano di essere riconosciute, ascoltate e incluse, piuttosto che respinte e lasciate ai margini della vita organizzativa.

Umanizzare il lavoro

La leadership inclusiva assomiglia a un animato cantiere di lavoro, aperto H24 e tutti i giorni dell’anno. Non evita il confronto con nuove questioni e dilemmi che la interpellano, piuttosto si interroga su quali atteggiamenti e comportamenti debba assumere per non lasciare indietro le persone e prendersene cura, assecondando quel percorso di umanizzazione del lavoro che resta il caposaldo etico della leadership inclusiva. Scopriamo così anche le numerose virtù del leader inclusivo che, essendo tali, possono essere allenate soccorrendo le fragilità e la diversità che si presentano. Sono petali di un fiore particolare, quello della leadership inclusiva, un fiore non stagionale che vigila invece tutto l’anno con la sua perenne fioritura

Far fiorire le età e le generazioni

Fiorisce anche nel terreno della gestione dell’età. Il restringimento alla base della “piramide dell’età” lascia intravvedere un crescente numero di lavoratori “maturi” dei quali prendersi cura. Da loro dipenderà in misura maggiore che nel passato la performance e i livelli di produttività delle organizzazioni. Cresce anche la diversità tra le generazioni che lavorano, imprese e organizzazioni diventano così luoghi nei quali sperimentare la convivenza di valori, atteggiamenti, competenze, priorità e preferenze diverse.

Donare tempo

L’uso del tempo è un altro terreno dove la leadership inclusiva da prova di sè. Le persone alle quali non viene concesso tempo soffrono grandemente. Il leader inclusivo è ben consapevole del valore che ha il tempo-per-la-persona, per questo lo dispensa con generosità. Il tempo diventa così un bene relazionale che crea legami, offre senso e direzione.

Generare futuro

Il leader inclusivo, quindi, coltiva lo sviluppo dell’Altro perché si sente responsabile della sua leadership, non la imprigiona. Spende piuttosto energia per sviluppare autonomia sapendo prendere distanza dal “qui e ora”, per concentrarsi sul futuro che non lo vedrà più sulla scena. È preoccupato di lasciare orme percorribili, piuttosto che di occupare spazi per esercitare potere, per questo si ritrae, consentendo a chi verrà dopo di generare il nuovo.

Circolarità e prossimità, nuove frontiere della leadership inclusiva

Il leader inclusivo nell’epoca della digital transformation è più impegnato che nel passato. In un mondo accelerato e interdipendente è facile perdere l’orientamento. Molti si chiedono dove e chi sia oggi il centro e la periferia. Cercano la leadership in alto o a fianco. Altri invece si sentono “fuori” e chiedono una nuova cittadinanza, quella necessaria per vivere nelle imprese digitalizzate. Per i primi la leadership inclusiva si fa “circolare”, per i secondi “prossima”, perché vicina alle frontiere dove transitano persone che chiedono di essere accolte e non messe ai margini.

Profili inediti

Quali altri petali aprirà il fiore della leadership inclusiva per cogliere prontamente le istanze di diversità dei più fragili? Tra queste merita segnalare quelle, spesso silenti, dei malati cronici che lavorano. Crescono per il combinarsi di diversi fattori. Siamo pronti a considerare che il lavoro per queste persone è un bene fondamentale? Il leader inclusivo si preoccupa di questo prima di ogni valutazione di convenienza, seminando il terreno dove sviluppare la pratica della gestione dei malati cronici. A questo punto sarà “autentica” e non “strumentale”. Perché la leadership inclusiva non confonde mai il fine con i mezzi, né scambia l’uno con gli altri.

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