Dimmi come parli e ti dirò chi sei (o da dove vieni…)

Se l’immagine è il nostro primo biglietto da visita, il modo in cui parliamo segue a distanza ravvicinata. E uno degli aspetti fondamentali del nostro modo di parlare è il nostro accento.

Quando mi sono trasferita dal soleggiato Salento nella mia seconda città, Pavia, non è stato difficile per i miei nuovi amici capire da dove venissi. “Pugliese?” “Sì, grazie”. E non perché i miei tratti siano particolarmente mediterranei, anzi, ma per via del mio accento.

Nel variegato mondo dei dialetti della nostra bella Italia, che secondo alcuni linguisti sarebbero da considerare vere e proprie lingue, l’accento di una persona parla di lei, ne rivela la provenienza geografica, il vissuto. E quante volte ci facciamo prendere dal campanilismo quando, incontrando qualcuno per la prima volta, riconosciamo il nostro stesso accento.

Paese che vai, accento che trovi.

Nell’apprendimento di una lingua straniera, l’accento rappresenta un aspetto fondamentale e non è certo il più facile da acquisire. Pensateci: ascoltando due parlanti di lingua inglese come seconda lingua che utilizzano le regole grammaticali e il lessico allo stesso livello, diciamo molto alto, considereremo più padrone della lingua quello con l’accento a nostro avviso più “British”. E questo senza riflettere sul fatto che, come il nostro italiano, anche l’inglese è ricco di varianti, non solo regionali, ma anche sociali. Tutti abbiamo sentito parlare del famosissimo cockney, la variante linguistica della classe proletaria di Londra, con il suo accento particolare e le sue divertenti caratteristiche lessicali, quali il rhyming slang (“plates of meat”? Ovvio, sta per “feet”!)

L’importanza dell’accento nell’insegnamento di una lingua è stata giustamente analizzata da svariati studiosi. Il noto linguista David Crystal, autore del libro English as a Global Language, si è occupato della centralità delle varianti che rientrano nell’orbita della lingua inglese. Secondo Crystal, è giusto che chi si avvicina all’apprendimento dell’inglese venga esposto allo standard British English, la famosa Received Pronunciation, quella della regina e della BBC, per intenderci. Ma deve anche sapere che, molto più probabilmente, si troverà ad interagire con i parlanti delle varianti più disparate, dall’American English, all’Australian English, all’inglese parlato in Irlanda, con i loro accenti particolari e distintivi.

E se concentrarsi sull’accento quando si parla una lingua straniera non è sempre facile, un valido aiuto può provenire dai cliché. Ricordo le parole di un mio professore di Inglese in università, British dalla barba rossiccia alla punta delle scarpe, che ci consigliava un modo efficace per acquisire l’accento inglese: “Quando andate in pizzeria, allenatevi ad ordinare una pizza margherita con il perfetto accento da cliché British.” (ci state provando anche voi in questo momento, dite la verità). Consiglio sempre valido anche per il francese, lo spagnolo, l’italiano o il russo.

Provateci, ma se non ci riuscite, pazienza. Alcune persone sono più predisposte di altre alla simulazione degli accenti differenti dal proprio ed è normale che focalizzarsi sulla riproduzione di un buon accento possa distogliere l’attenzione dalla grammatica della lingua target. Di conseguenza, conciliare gli aspetti formali e quelli di pronuncia non è affatto facile. Poco importa. Se tutti fossimo in grado di padroneggiare perfettamente l’accento delle lingue che studiamo, ci perderemmo il bello dell’incontrare qualcuno nel cuore di Londra e, dopo i primi convenevoli nel nostro inglese perfetto, del poter dire: “that’s great, but…where are you from?

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