I feedback servono. Per crescere, per diventare più consapevoli e per avere meno paura di sbagliare. Ma solo se vengono chiesti e dati nel modo giusto e le imprese italiane sono purtroppo un po’ indietro.

Secondo i risultati della Hr Trends and Salary Survey 2020 condotta da Randstad, infatti, solo il 31% delle aziende coinvolte ha dichiarato di utilizzare il feedback come strumento di lavoro finalizzato al miglioramento continuativo delle performance individuali e dell’intera organizzazione. Dare e chiedere feedback nel modo giusto, affinché siano efficaci e costruttivi, inoltre, richiede la competenza e la lungimiranza di un piano vero e proprio, capace di coinvolgere l’azienda in tutte le sue componenti.
Ma a volte si tende a confondere il feedback con il giudizio e, ancor peggio, con la critica.

In questo articolo cerchiamo di dare una guida a come dare il giusto feedback sul lavoro.

Sommario:

Cos’è un feedback?

Innanzitutto, cosa si intende per feedback? Come molti termini cari al mondo HR, come ad esempio resilienza, antifragilità e flessibilità, anche il termine feedback viene dal mondo scientifico.
In particolare, dalla cibernetica, cioè dalla scienza che studia l’interazione tra gli esseri umani e le macchine, in cui il feedback, o retroazione, è inteso come la capacità di un sistema di regolarsi e modificarsi in modo dinamico in base agli stimoli di ritorno che riceve, ossia riportare indietro qualcosa.

Di fatto il feedback, traslandolo nel mondo del lavoro, indica il ritorno di informazioni su un’azione, un comportamento o una prestazione, fornito per aiutare a migliorare o modificare qualcosa. È uno scambio di informazioni che può essere positivo o negativo e serve per fornire indicazioni su come si sta procedendo o su cosa si può fare meglio

Questo significa, da un lato, che anche quando non pensiamo di stare ricevendo o comunicando dei feedback, di fatto lo stiamo facendo già per il solo fatto di aver aperto una relazione con un’altra persona; dall’altro, che abbiamo un potere, e una responsabilità, nel nostro esercitare questa retroazione: su noi stesse e sulle altre persone.

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In base alla ricerca Speexx effettuata in collaborazione con BVA DOXA, sull’impatto del coaching sul benessere e lo sviluppo delle persone in azienda, è emerso come per l’84% dei Responsabili HR il coaching sia uno strumento utile alla crescita dei dipendenti.

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Differenza tra feedback, critica e giudizio

Dato che il verbo inglese to feed significa nutrire, possiamo affermare che un feedback è tale solo se porta nutrimento a chi lo riceve e al contesto in cui questa persona è inserita. Dunque, parrebbe insensato parlare di feedback costruttivi: se non porta infatti un miglioramento, un nutrimento, semplicemente non è un feedback. Semmai, è una critica o un giudizio. Vediamo quindi le differenze tra feedback, critica e giudizio.

Il giudizio è espresso in maniera univoca da chi parla, in base alle proprie emozioni e sulle proprie convinzioni e non si aspetta nulla in cambio, è dato, è sentenziato e basta.

La critica, invece, se da un lato condivide con il feedback la potenzialità di crescita (non a caso la radice greca delle parole è la stessa, kr, che si ritrova anche in crisi, e che ne richiama il potere generativo), dall’altro è un’espressione a cui manca l’interlocuzione con l’altra persona. Se poi, si fonda sul denigrare o colpire in modo negativo l’autostima di chi la riceve, la critica perde ogni valenza arricchente e finisce per diventare giudizio negativo, nel senso che non aggiunge nulla.

Come deve essere un feedback per essere utile

Dunque, il feedback, per essere tale, deve essere richiesto o condiviso con l’obiettivo di portare un arricchimento all’altra persona o al contesto reciproco.
Per questo, è ingenuo anche distinguere tra feedback positivo e feedback negativo: nel senso appena descritto, tutti i feedback sono positivi, perché aggiungono qualcosa.

Come deve essere un feedback per essere utile? Per essere utile un feedback deve essere poi orientato a un obiettivo condiviso e deve essere il più possibile concretospecifico, verificabile, programmato e inserito in un percorso. Un feedback così condiviso è una leva molto potente, perché aumenta la consapevolezza sugli effetti del proprio comportamento, su di sé e sull’ambiente circostante; rende più efficace la comunicazione interpersonale; e aumenta la consapevolezza di sé, del proprio talento, della propria responsabilità nel contribuire alla vita dell’organizzazione. Allo stesso tempo, si configura anche come un acceleratore di cambiamento e una leva motivazionale molto potente, che può fare la differenza in molti ambiti della vita professionale e privata.

Imparare a dare feedback consente alla persona che li riceve di progredire al meglio nel proprio percorso e di comprendere sempre meglio come portare il proprio contributo al successo dell’organizzazione.

Concordare obiettivi e momenti di verifica, inoltre, accompagna le persone a relazionarsi nei confronti di eventuali errori o fallimenti non con paura, delusione o frustrazione, ma come un’esperienza inevitabile che accade a chi lavora e da cui si può imparare sempre molto.

Come dare feedback in modo costruttivo ed efficace

Un feedback per essere utile, lo abbiamo detto, deve essere orientato a un obiettivo condiviso e deve essere il più possibile concreto, specifico, verificabile, programmato e inserito in un percorso. Questo è volto da un lato a mitigare le incomprensioni che possono accadere nella comunicazione interpersonale; dall’altro, a dare più strumenti possibili sia a chi riceve sia a chi condivide il feedback, affinché questo sia utile ed efficace.

Uno dei modelli più utilizzati è il modello Start, Stop, Continue. In cosa consiste?Suggerisce di dare feedback suddividendoli in questo modo:

  • su ciò che la persona che abbiamo di fronte può iniziare a fare (Start);
  • smettere di fare (Stop);
  • continuare a fare così come sta facendo (Continue).

Il ruolo del business coaching per il feedback

Qualcuno considera tale modello antiquato e preferisce invece un approccio, più caro al business coaching, che è quello di focalizzarsi sempre sui comportamenti, più che sulla persona, partendo da ciò che già funziona e andando poi a individuare aree di miglioramento per cui insieme, HR e collaboratore o collaboratrice, arrivano a trovare una soluzione proattiva.

Il modello MISCA

Lipnevich e Panadero (2022) propongono il modello MISCA, che propone come feedback efficace un riscontro che abbia queste 5 dimensioni: messaggio, implementazione, destinatario, contesto e agenti coinvolti. Questo approccio permette una progettazione più strategica e mirata.

  1. Message (messaggio) – Cosa viene detto? Si concentra sulla qualità, chiarezza e utilità dell’informazione trasmessa. Un feedback vago o troppo generico, per esempio, è meno efficace.

  2. Implementation (implementazione) – Cosa ne fa il destinatario? Include la capacità di comprendere e mettere in pratica il feedback ricevuto.

  3. Student (destinatario) – Chi riceve il feedback? Tiene conto delle caratteristiche individuali come motivazione, autostima, stile cognitivo.

  4. Context (contesto) – Dove avviene il feedback? L’ambiente (fisico, culturale, psicologico) influenza la ricezione del messaggio.

  5. Agents (agenti) – Chi fornisce il feedback? Può essere un manager, un collega, un docente, ma anche un sistema automatizzato o il destinatario stesso (autovalutazione).

Il modello MISCA offre una struttura integrata che permette di progettare feedback mirati e personalizzati. È particolarmente utile nei contesti B2B o HR per:

  • creare programmi di performance review più efficaci;
  • formare manager a fornire feedback costruttivo
  • progettare piattaforme digitali che includano feedback automatizzato.

In generale, è consigliabile inserire il momento di condivisione del feedback all’interno di appuntamenti concordati, incoraggiando la persona a sentirsi responsabile dell’andamento dell’incontro stesso, per cui condividendo in anticipo gli indicatori, i contesti, gli obiettivi, oggetto dell’incontro.

Come chiedere feedback per il proprio percorso di carriera

L’arte del feedback non riguarda solo chi lo condivide, ma anche chi lo richiede.
Come si chiede un buon feedback? 

Innanzitutto, è bene individuare una persona di cui ci si fida, che sia sufficientemente esperta dell’attività o dell’oggetto della richiesta, che conosca il contesto in cui ci si muove e che conosca bene chi fa la domanda.

In secondo luogo, è bene porre la domanda nel modo giusto, anche qui, per ottenere una risposta il più possibile specifica, concreta e verificabile. Infine, è sempre bene chiedere feedback a persone diverse, così da poter ricevere indicazioni utili a seconda del punto di vista e sensibilità di chi le condivide con noi.

Se non ci piace quello che ci viene detto, cosa che può succedere, evitiamo di aggredire o di cercare di convincere l’altra persona che si è sbagliata: sia quando si dà un feedback, sia quando lo si riceve, dobbiamo tenere presente che l’altra persona ha dedicato tempo, competenza ed energia a darci una risposta e, pertanto, dobbiamo riconoscere questo aspetto, ringraziandola per la sua disponibilità.

Poi, in un secondo momento, dopo aver riflettuto su quando ci ha riportato, possiamo chiederle un secondo confronto e, magari, scopriremo di aver posto la domanda in modo approssimativo oppure, in ogni caso, scopriremo un lato di noi che non conosciamo. È importante non dimenticare, che in sede di feedback, tutto ciò che diciamo e che riceviamo è volto a migliorarci e a produrre un impatto positivo sul contesto che condividiamo.

Il feedback è sempre un’azione collettiva, concertata e condivisa.

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