“La verità è che cadere fa male, ma la bravura è avere coraggio e calarsi completamente nell’esperienza della rinascita”.
Con questa frase si apre La Forza della Fragilità. Il coraggio di sbagliare e rinascere più forti di prima di Brené Brown, sociologa e ricercatrice statunitense. Un libro che anche nel 2025, oggi più che mai, ci offre una bussola per affrontare il cambiamento.
Dai suoi studi – durati oltre dodici anni – Brown ha dimostrato che per superare l’incertezza e i momenti di crisi non serve negare la fragilità, ma accettarla come parte del processo e puntare quindi sull’antifragilità. La vulnerabilità, intesa come consapevolezza dei propri limiti, è la base per ripartire, crescere e rinascere.
Che cos’è l’antifragilità e perché riguarda anche le aziende
Il concetto di antifragilità, elaborato da Nassim Nicholas Taleb nel 2012, descrive la capacità di trarre forza dal disordine, di migliorare dopo che è capitano un imprevisto, invece di uscirne distrutti.
Essere antifragili significa non solo resistere o adattarsi, ma crescere grazie agli urti, proprio come un sistema che si rafforza sotto pressione.
Nell’ultimo decennio, tale approccio è diventato centrale anche per il mondo del lavoro. Le aziende che hanno saputo trasformare la vulnerabilità in un valore hanno reagito meglio ai cambiamenti rapidi e alle crisi globali, reinventando modelli organizzativi e processi decisionali.
Antifragilità e coraggio di essere vulnerabili: la lezione di Brené Brown
Durante le sue ricerche, Brown si è chiesta cosa accomunasse le persone capaci di rinascere dopo un fallimento.
La risposta? Il coraggio di essere imperfetti.
Accettare la propria vulnerabilità significa abbandonare l’idea di controllo totale, mostrarsi autentici e aprirsi al miglioramento.
Per i leader e le aziende, questo si traduce nella capacità di comunicare con trasparenza, chiedere feedback, ammettere errori e creare ambienti di lavoro in cui la vulnerabilità diventa un punto di forza.
È il primo passo per costruire una leadership etica e antifragile, capace di guidare il cambiamento.
Vulnerabilità, resilienza e antifragilità: le differenze e le opportunità per le imprese
Accettare di essere vulnerabili, secondo Brown, è accettare di dire “ok, sono un essere umano, ho dei punti di debolezza e, dunque, è possibile che io mi faccia male”. E lo stesso vale per le aziende.
Anzi, secondo Brown e Taleb, la vulnerabilità apre la strada a due atteggiamenti fondamentali:
- resilienza, cioè la capacità di adattarsi alle difficoltà;
- antifragilità, ovvero la capacità di trasformare la crisi in un vantaggio competitivo.
Un po’ come l’aikido nella cultura orientale, per cui anche la persona più piccola può mettere al tappeto l’avversario più grosso facendo leva sulla forza dell’altro che, anziché diventare arma per la sua distruzione, diventa lo strumento per la sua rinascita.
Le aziende antifragili: come si preparano alla crisi
Essere consapevoli che prima o poi arriverà una crisi è ciò che distingue le aziende antifragili da quelle solo resilienti.
Chi coltiva questa consapevolezza costruisce in anticipo strutture organizzative flessibili, con leader capaci di promuovere:
- apertura mentale e inclusione,
- creatività e innovazione,
- formazione continua,
- dialogo autentico e trasparente.
Non è un caso che formazione e soft skill siano oggi tra gli investimenti più strategici per le organizzazioni che vogliono crescere in un contesto instabile. Così come che ci siano sempre più aziende attente al business coaching.
Come allenare l’antifragilità
Andare verso l’antifragilità può quindi essere visto come un percorso che le nostre organizzazioni possono intraprendere per vivere al meglio il momento attuale.
Per farlo, dice Brown, è anzitutto necessario promuovere una cultura della vulnerabilità, che normalizza il fallimento e insegna a vederlo come una delle tante cose che possono succedere, capace di portare le persone ad affrontare tentativi ed errori con coraggio, responsabilità e leggerezza.
Essere abituati, e incoraggiati, a correre tanti piccoli rischi, mettendo in conto magari anche di commettere piccoli errori, con un atteggiamento di prevenzione, quindi con l’obiettivo di evitarne uno più grande, ci permette di essere pronti ad affrontare qualunque situazione di emergenza o disordine.
Per arrivarci è necessario intraprendere cambiamenti anzitutto nel mindset della nostra organizzazione.
Come ogni buon ethical leader sa, se si parte a dare l’esempio, accompagnando il cambiamento dall’interno e in prima persona, è più probabile arrivare al successo.
Allora, cosa possiamo fare per esercitare l’antifragilità e accompagnare le nostre organizzazioni alla rinascita? Anzitutto, abbracciare la nostra vulnerabilità, diventare consapevoli di come e quanto questo periodo ci ha messo in difficoltà, accettare che questo sia accaduto e stia ancora accadendo e prevedere che potrebbe perdurare o accadere di nuovo.
Ma niente panico. Come dice Taleb: una corrente d’aria spegne una candela e, allo stesso tempo, far crepitare un fuoco. Cioè, non sono gli agenti esterni a decretare il nostro fallimento, ma il modo in cui siamo costruiti e il modo in cui scegliamo di reagire.
Osservare il contesto, comprendere le nostre necessità, o quelle del mercato, sviluppare nuove modalità di comunicazione, mettere in discussione tutti i “si è sempre fatto così” presenti nelle nostre procedure, allenarsi a gestire il proprio stress, preparare strategie per affrontare le prossime crisi, insieme e con creatività, appaiono come azioni necessarie perché la prossima crisi non ci colga impreparati, bensì consapevoli che potremo rialzarci più forti di prima