Quest’anno l’Intelligenza Artificiale ha dominato le conversazioni nel mondo della formazione e dello sviluppo, tra entusiasmo, timori e un’ondata di sperimentazioni. Dai chatbot che generano moduli formativi in pochi secondi agli algoritmi che suggeriscono percorsi di apprendimento personalizzati, le promesse dell’AI sembrano non avere limiti.

Ma chi lavora in HR e L&D lo sta vedendo chiaramente: il potenziale non si traduce sempre in risultati misurabili. La realtà è più complessa e, proprio per questo, più interessante.

Un nuovo report di Donald H. Taylor ed Eglė Vinauskaitė dal titolo “AI in L&D: The Race for Impact“, va oltre l'”hype” e prova a capire dove l’AI stia davvero facendo la differenza. Basandosi su dati di sondaggi, contributi di esperti ed esempi sul campo, il report mostra che la consapevolezza sull’uso dell’AI in L&D è alta, ma l’impatto concreto non è ancora uniforme.

In questo articolo riprendiamo i principali spunti del report: cosa sta accelerando l’adozione, cosa la rallenta e come i professionisti L&D possono trasformare la curiosità in cambiamento reale.

Sommario

Lo stato attuale dell’AI nel learning & development

Il già citato report AI in L&D: The Race for Impact definisce il 2025 un punto di svolta: il momento in cui l’AI nel learning & development è passata da “novità” a normalità. Per la prima volta, oltre la metà dei professionisti L&D coinvolti nel sondaggio dichiara di usare davvero l’AI, non solo di sperimentarla. E l’adozione è cresciuta di 14 punti percentuali nell’ultimo anno: oggi il 54% la sta già utilizzando nel lavoro, in una forma o nell’altra.

Detto questo, il dato va letto con lucidità. Come sottolineano gli autori, “anche se l’entusiasmo è diffuso, nella maggior parte delle organizzazioni si sta ancora sperimentando più che implementando”. È uno schema che vediamo spesso: tanti progetti pilota, poche soluzioni davvero integrate. L’impatto, infatti, dipenderà da quanto l’AI verrà inserita nelle strategie di apprendimento quotidiane, non dal numero di tool testati.

In altre parole, l’AI in L&D è entrata nel radar “mainstream”, ma la maturità deve ancora arrivare. La domanda non è più se adottarla, ma come farlo. Ed è qui che la sfida si fa interessante.

Oltre la creazione di contenuti: dove l’AI nel learning & development crea valore reale

Il report lo dice chiaramente: la vera forza dell’AI nel learning & development non è solo nella velocizzazione della creazione di contenuti. Gli strumenti che aiutano a scrivere quiz o generare testi in automatico sono utili, ma il valore cresce quando l’AI migliora produttività, personalizzazione e performance.
Nel report, una matrice sintetizza questi tre ambiti come principali aree di impatto. Vediamo quali sono.

Partiamo dalla produttività: l’AI fa risparmiare tempo automatizzando attività manuali che rallentano i team L&D, come trascrizione, tagging, sintesi dei feedback o la produzione di prime bozze di materiali.

Poi c’è la personalizzazione: l’AI aiuta a adattare l’esperienza di apprendimento alle esigenze individuali, analizzando comportamenti e progressi per suggerire il passo successivo più sensato.
Infine la performance, che di fatto è l’obiettivo finale.

L’AI può collegare la formazione a risultati di business misurabili, individuando gap, prevedendo bisogni futuri di competenze e mostrando dove lo sviluppo incide davvero sulle performance. Come scrivono gli autori: “L’AI generativa aumenta l’efficienza; l’AI predittiva porta insight strategici”. In pratica: una ottimizza il presente, l’altra orienta il futuro.

Quando queste due dimensioni lavorano insieme, l’AI diventa più di un tool: diventa un ponte tra apprendimento e performance aziendale, collegando ciò che le persone imparano a come l’organizzazione cresce.

 

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L’intelligenza artificiale ha un enorme potenziale e potrebbe rivoluzionare il mondo del lavoro in ambito HR e formazione. L’utilizzo sapiente di queste nuove tecnologie apre grandi opportunità. Ma come può l’IA supportare questo gli HR?

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Le barriere che frenano l’AI nel learning & development

Nonostante l’entusiasmo, il report evidenzia che l’AI nel learning & development deve ancora superare alcuni ostacoli duri a morire.
I cinque principali? Competenze, dati, etica, allineamento e tecnologia.

Si parte dal gap di competenze. Molti professionisti L&D non sono ancora sicuri di come usare l’AI in modo efficace. Il report segnala che la fiducia sta aumentando, ma in modo disomogeneo: chi ha sperimentato di più tende a fidarsi di più. Per tutti gli altri, l’incertezza è un freno e li lascia ai margini.

Poi ci sono i dati: privacy (GDPR), sicurezza e sistemi “disordinati” restano in cima alle preoccupazioni. Molte organizzazioni non hanno ancora infrastrutture adeguate o dati sufficientemente “puliti” per far funzionare l’AI su larga scala. Finché questo non cambia, l’integrazione resterà a macchia di leopardo.

A questo si aggiungono i temi etici – bias, trasparenza, proprietà del contenuto -, il disallineamento strategico, quando i progetti AI partono senza un legame chiaro con gli obiettivi di business, e la frammentazione tecnologica: troppi strumenti scollegati, poca integrazione.

In definitiva, queste sfide non sono solo tecniche: sono anche culturali. Come sostengono gli autori, l’L&D deve evolvere dall’essere un “produttore di contenuti” a diventare un consulente guidato dai dati.
Il vero valore non sta nel creare materiali più in fretta, ma nell’usare l’AI per interpretare i dati, orientare le decisioni e dimostrare l’impatto dove conta davvero.

AI nel learning e development

Il lato umano dell’AI nel learning & development

Al di là di statistiche e strategia, il report chiarisce un punto: il successo dell’AI dipende, in ultima analisi, dalle persone. Dietro ogni tool e ogni dashboard c’è un professionista della formazione che prova a capire cosa significhi l’AI per il proprio lavoro, per chi apprende e per il proprio futuro.

La ricerca mostra una spaccatura tra ottimismo e inquietudine. Molti in L&D sono stimolati dalle possibilità creative che l’AI apre: contenuti creati più rapidamente, percorsi più personalizzati, insight più nitidi dai dati. Ma c’è anche preoccupazione su rilevanza e controllo. Alcuni temono che l’AI automatizzi parti del loro ruolo prima ancora di avere avuto il tempo di adattarsi.

Taylor e Vinauskaitė sostengono che la sfida vera non è sostituire le persone con le macchine, ma ridefinire ciò che i professionisti L&D sanno fare meglio. L’AI può occuparsi di ripetitività e analisi, liberando tempo per empatia, coaching, storytelling e per la dimensione più umana dell’apprendimento.

Concludendo questo ragionamento, potremmo dire che il futuro della professione non dipende dal “tenere il passo” con l’AI, ma dal lavorare al suo fianco. Chi saprà combinare tecnologia e umanità contribuirà a disegnare la prossima generazione della formazione, invece di subirla.

Vincere la corsa ai risultati: come far funzionare l’AI nel learning & development

Il report propone una tabella di marcia molto concreta per chi vuole passare dal clamore ai risultati. Identifica quattro fasi che segnano il percorso dalla curiosità all’impatto reale: comprendere, sperimentare, integrare, misurare.

Si parte dalla comprensione: costruire una base di alfabetizzazione sull’AI nei team L&D, così da parlare “la stessa lingua” e saper riconoscere opportunità e limiti.
Poi la sperimentazione: testare casi d’uso piccoli e a basso rischio, per capire cosa funziona davvero nel proprio contesto.
A seguire l’integrazione: inserire l’AI nei sistemi e nei flussi di lavoro quotidiani della formazione, invece di trattarla come un accessorio.
Infine la misurazione: monitorare i risultati per dimostrare valore per il business e migliorare in modo continuo.

Come scrivono gli autori, “La gara non è adottare l’AI più velocemente, ma dimostrarne l’impatto prima possibile”. Chi si muove per tempo sta già mostrando come fare: per esempio usando analytics basate sull’AI per individuare chi, tra coloro che si formano, rischia di disimpegnarsi, oppure creando percorsi personalizzati che rispondono in tempo reale ai progressi di ciascuna persona.

Il messaggio è semplice: il successo dell’AI nel learning & development dipende dall’allineare la tecnologia ai risultati umani. Quando l’AI rafforza comprensione, insight e performance, invece di sostituirli, è lì che inizia la trasformazione.

Webinar Replay Creatività e AI : come il coaching supporta la trasformazione del lavoro

Il rapporto tra creatività e intelligenza artificiale (AI) sta diventando sempre più centrale nel contesto lavorativo odierno. Mentre l’AI continua a evolversi e a integrarsi in vari settori, il coaching continua a posizionarsi come un elemento cruciale per supportare il cambiamento e favorire una transizione armoniosa.

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Conclusioni

L’AI nel learning & development è andata oltre il rumore mediatico. Quella che era iniziata come curiosità e sperimentazione veloce sta diventando un lavoro più strategico, con l’obiettivo di collegare formazione e performance.
Il focus si sta spostando dall’uso dell’AI “per comodità” a un uso orientato al valore misurabile: automatizzare il lavoro di routine, personalizzare l’esperienza e collegare gli esiti della formazione a risultati di business concreti.

Il report ci ricorda che l’AI è un abilitatore di performance, non un sostituto dell’esperienza. La sua forza più grande sta nell’aiutare persone e organizzazioni a prendere decisioni migliori, più rapidamente. Ma per arrivarci, i team L&D devono tenere insieme dati, insight e giudizio umano.

Alla fine, il ruolo dell’AI in L&D non sarà definito dai tool che useremo, ma dall’impatto che sapremo generare, e dalla differenza che quell’impatto farà sulle persone che imparano e sulle aziende che contribuiscono a far crescere.

Se vuoi approfondire, puoi leggere il report completo AI in L&D: The Race for Impact di Donald H. Taylor ed Eglė Vinauskait.