Oggi vogliamo parlarvi di reverse mentoring e di come sia nata questa opportunità che le aziende hanno a disposizione per la formazione tra nativi digitali e senior.

Sul finire degli anni novanta l’allora CEO della General Electric Jack Welch introdusse per la prima volta il concetto di reverse mentoring. Nemmeno dieci anni prima Sir Berners-Lee aveva dato vita al web per organizzare i dati dei tantissimi fisici che lavoravano al CERN di Ginevra e Mr Welch ne intuì le potenzialità prima di altri, dribblando quel tanto di diffidenza verso l’innovazione che colpisce una buona fetta degli over 50.

Nel suo piano, la diffusione della nuove tecnologie legate al web doveva estendersi a quante più persone possibile all’interno della General Electric, per favorirne organizzazione e processi, ma il compito era tutt’altro che facile: da un lato gli era chiaro che quegli stessi processi sarebbero stati completamente stravolti, dall’altro era un fatto che il know how fosse merce rarissima e non facile da veicolare.

Il percorso da fare in questo caso fu quasi obbligatorio: la formazione sarebbe stata affidata alle leve più giovani, fresche di titolo in tasca e tra i pochissimi in quegli anni ad avere un primo embrionale background sul tema; innovativa fu però sopratutto la formula: mettendo in discussione in parte la struttura classica docente/discente sarebbero stati proprio i più giovani a fare formazione ai senior, affiancandoli nel loro quotidiano e imparando a loro volta da questi ultimi.

Oggi il reverse mentoring è pratica comune a numerose organizzazioni e da molti addetti ai lavori è stato indicato come uno dei fattori di maggior successo nella diffusione rapida (se ci si pensa, meno di venti anni) delle nuove tecnologie e tra le pratiche di co-educazione al lavoro più efficaci.

Mi piace pensare, raccogliendo anche alcuni spunti da una bella presentazione che la Amicucci Formazione ha fatto sul tema, che il reverse mentoring possa essere una pratica da applicare indipendentemente dal fine formativo tout court e più in generale come tecnica per favorire lo scambio e la collaborazione tra le generazioni che si incrociano sul posto di lavoro ciclicamente.

Speexx Italia è un gruppo giovane e ci teniamo costantemente aggiornati, questo gap al momento non c’è: il coinvolgimento generale e il confronto di tutti indistintamente da età, genere, ruolo e inquadramento è alla base del nostro lavoro quotidiano e dei nostri risultati. Non è ancora quindi in programma un piano formativo di reverse mentoring, ma sarà una pratica da tenere, senza alcun dubbio, a mente per il futuro.