Speexx all’HR Innovation Forum.

Cosa abbiamo imparato sul Talent Management

Giovedì 23 marzo Speexx ha partecipato, in qualità di sponsor, all’HR Innovation Forum di Bologna.

Si è discusso di temi cari al mondo HR, dai più innovativi trend di settore, ad alcune best practice aziendali.

Durante i seminari si è parlato diffusamente di Smartworking e di quanto, con la forza lavoro, si sia trasformato anche il concetto di freelancer.

Jacopo Muzina – di Copernico – è stato tra i primi a parlarci di Talent Management, di Lavoro Agile e di nuovi modelli di lavoro focalizzati sulla persona.

“Oggi lavoriamo finchè funziona lo smartphone”. Il 57% delle persone inizia a lavorare prima di uscire di casa. Si assiste a una metamorfosi nell’ atteggiamento verso il luogo, l’ambiente fisico dell’ufficio. Oggi è uno spazio in cui creare network, amplificando esponenzialmente la propria voce nella condivisione di idee.

L’idea di Smartworking parte dalla volontà di ridurre i costi aziendali, ma detta una nuova regola di relazione: da una logica di controllo a una logica di fiducia.

A cambiare è anche la concezione di “possesso”. L’innovazione ha aperto le porte a un’economia di accesso, il possesso (di un titolo, di un posto fisso) non esiste più: i Millenials preferiscono accrescere la capacità relazionale.

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Copernico, nuovo concetto di spazio di lavoro, nasce da questa idea – ci racconta Barberi – come un’esperienza e un catalizzatore di volontà. Copernico, con quell’aria un po’ anglosassone, svecchia il concetto di circolo all’italiana. Il leisure e il business si stanno fondendo. Il focus è sulla persona e sull’esperienza delle persone.

A parlare di approccio tradizionale e innovazione saranno anche Alberto Signori (Head of Group Organisational Development di Brembo) e Maurizio Mazzieri (Direttore Generale di Toyota Motor Handiling). Signori ci ricorda che per innovare servono tre elementi:

-un bisogno

-delle competenze

-un budget

Brembo ha raggiunto il suo obiettivo aziendale basandosi su un sistema di valori quadripartito in prestazione, competenze, potenziale, motivazione, dove:

-la prestazione dev’essere misurabile e deve riguardare il presente. Brembo, dopo una puntuale mappatura delle performance e delle competenze dei dipendenti, fornisce un manuale di autosviluppo. Sul fronte delle competenze manageriali profonde consigli organizzati per skills.

-le competenze sono il tramite della prestazione, perché ne facilitano l’attuazione.

-il potenziale è una massa inespressa di prestazione che tende al futuro, in altre parole ­– continua Signori –“Il potenziale riguarda ciò che ancora non ho espresso di quel che posso effettivamente fare”. L’azienda ha un Talent Portfolio, un archivio di candidature che segmenta i talenti dividendoli per nazione, seniority, etc. …

-La motivazione è sia carburante sia driver motivazionale stesso, cioè “cosa mi genera soddisfazione”. Per lo stesso motivo un’intervista comportamentale che chieda cosa dia soddisfazione in azienda a prescindere dai risultati ottenuti, risulta difficile da condurre.

Performance e potenziale sono legati a doppio filo: non c’è talento se non c’è evidenza, se non lo posso misurare. Avere talento, essere un talento, misurare i talenti: il potenziale è nulla senza prestazione.

Brembo ha pensato anche a un “Talent Program”, che con l’acronimo LIFT, racconta il Leaders’ International Fast Track. “Alla base c’è curiosità e motivazione interfunzionale”. Coinvolge circa dieci neolaureati all’anno (il processo di recruiting dura all’incirca dai 4 ai 6 mesi), seguiti da un comitato di sviluppo ad hoc. Con sponsor, mentori e tutor, in 18 mesi si costruisce il driver motivazionale della persona, nonché una carriera tagliata su misura.

Ma cosa diventa il recruiting in quest’era aziendale che chiamano Industry 4.0?

Vuole davvero convertire, come catastrofizza qualcuno, i processi umani in processi meccanici?

Con l’intervento “Le Risorse Umane nell’industry 4.0 saranno Umane Risorse” Maurizio Mazzieri ci descrive cosa significa, per il gruppo Toyota, declinare il concetto di Industria 4.0 nelle Risorse Umane.

Il proposito è di formare persone e personalità.

Toyota – racconta Mazzieri – è come un grosso pesce: è un’azienda di dimensioni tali che deve continuare a nuotare per non inabissarsi.

Lo scetticismo che si ha nei confronti della Digital Innovation non è resistenza al cambiamento – asserisce Mazzieri – ”Siamo solo malati di esperienza”.

Cambiare per stare meglio è la definizione di Kaizen, da KAI (cambiamento) e ZEN (migliore) e deriva, senza però rappresentarlo, dal ciclo di Deming.

In Italia abbiamo una concezione sbagliata di gruppo di lavoro e, più in generale, di team. Anche nel calcio. Quando sentiamo dire “è un bravo atleta: si sacrifica per la squadra”, l’immagine è quella di un individuo che si vota ciecamente alla missione (nel nostro caso, aziendale). Ma in un gruppo come Toyota, in cui i processi vanno via via automatizzandosi, non si ha più bisogno di manodopera, ma di menti d’opera.

Un individuo dev’essere necessariamente motivato e legarsi alla squadra perché le sue competenze lo rendono indispensabile per quel team. Il talento è tale se fa bene al gioco di squadra. Serve un quoziente intellettivo di gruppo, il talento del team. Solo allora si potrà parlare di Digital Transformation e di Digital Innovation.

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Il consiglio con cui Mazzieri si congeda, concludendo il primo ciclo di seminari mattutino, è “Learn, Earn, Return” e, da oggi più di ieri, cercheremo di farne mantra.

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